Yoga dell’adattabilità

Daniele Dionisi Yoga del Centro Ariccia

Cari Amici, spesso mi chiedono cosa sia lo Yoga dell’adattabilità.

Lo Yoga essendo un’ esperienza soprattutto pratica, non si presta a facili spiegazioni. Io amo comunque le domande, gli interrogativi e le curiosità che attendono di essere soddisfatte, soprattutto le domande degli altri, sono per me uno stimolo a rivolgerne a me stesso, ed a ripensare le stesse cose, in modo completamente diverso.

Da queste considerazioni, nasce il desiderio di condividere con voi la mia esperienza dello Yoga dell’adattabilità. Per iniziare consideriamo il lignaggio, che si rifà alla tradizione del maestro Krisnamacharya. Uno dei contributi più belli di questo insegnamento è il principio di adattare lo yoga alla persona che incontra.

Si tiene conto dell’età, del lavoro, della situazione, del bisogno di ognuno, prima di assegnare una pratica. Desicachar, figlio di Krisnamacharya, prosegue e sviluppa l’insegnamento del padre. Nasce il Viniyoga, che significa appunto adatta alla persona che incontri e per come ognuno può imparare. Tradizionalmente questo sistema prevedeva e prevede un insegnamento di tipo individuale da maestro a studente.
Nella nostra cultura occidentale, sebbene in alcuni contesti questo venga ancora rispettato, possiamo comunque affermare che è meno familiare.

Dovendo iniziare a praticare Yoga, siamo solitamente orientati a scegliere di frequentare un gruppo, questo anche ha a che fare con l’adattabilità. L’insegnamento da me proposto è sempre interrogativo, mai esaustivo o con pretese di assolutismi. Incontrando persone diverse, sempre mi chiedo come rendere accessibile un’esperienza, in cui secondo i principi dello yoga, venga mantenuto e rispettato uno spazio di agio, benessere, stabilità fisica, emotiva e mentale. Si rende necessario un grande lavoro di osservazione, ascolto e attenzione. Avere cura della persona reale resta per me il primo obiettivo. Ogni gruppo che si forma, porta con se una diversa risonanza energetica e direi anche dissonanza. Come poter proporre, un’esperienza di senso, di piacere che tocchi le necessità di ognuno? Sono onesto, dopo moltissimi anni non ho trovato una risposta esaustiva e definitiva. Ogni volta accetto la sfida, faccio affidamento sulle miei conoscenze, intuito e soprattutto, sulla disponibilità a modificare e se necessario a cambiare, ciò che non mi corrisponde. Non sono ortodosso, metto in gioco tutti gli strumenti che mi vengono dallo yoga, ed anche da altre esperienze vissute. Cerco di non dimenticare che ogni incontro è prima di tutto un’esperienza con altri esseri umani. Lo scopo è rendere la pratica fruibile, godibile, ed creare un clima che permetta di sostenere un vissuto a volte frustrante o non aderente alla necessità di quel giorno, o momento. In questo contesto, nulla di ciò che esploriamo è mai perfettamente uguale alle volte precedenti. I principi su cui si lavora sono stabili, il modo di viverli è costantemente diverso. Quando osservo i volti delle persone, alla fine di una sessione di yoga li trovo spesso più aperti, lo sguardo profondo, luminoso e appagato. A volte anche crucciato o insoddisfatto. Elementi questi importantissimi per me che mi aiutano a riflettere.

Pronto a cambiare strada o a ripensare la pratica proposta. Lo scopo è quello di vivere e di far vivere, il dono più bello dello yoga: la vicinanza e la compagnia con la propria essenza più intima e profonda. Condizione che ci rende disponibili a incontrare noi stessi e gli altri.

 

DANIELE DIONISI

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